Alle sette circa della sera di domenica 14 gennaio 1703 un fortissimo terremoto colpì l’Appennino umbro-reatino. Norcia fu particolarmente devastata: la maggior parte degli edifici crollò, in tutto o in parte, e circa ottocento persone rimasero uccise sotto le rovine. Quasi tutti furono colti di sorpresa mentre cenavano o si attardavano intorno al fuoco prima di andare a dormire. Ed è proprio intorno al focolare di un’osteria di Norcia, in mezzo a una comitiva di compatrioti venuti dall’Ascolano a vendere del bestiame, che troviamo Felice Crocetti di Osoli (Roccafluvione, AP), il quale ci racconta con parole sue di come riuscì a scampare prodigiosamente alla rovina:
«Vidi prima d’accorgermi del terremoto, andar tutta in precipizio la casa, piombarci addosso il tetto, e morire sotto le macerie l’ostessa e tre suoi figliolini, ed altri ch’erano in quella stanza, ed io co’ tutti gl’ascolani salvarci, ed uscire intatti dalle rovine per l’apertura d’una muraglia; e conoscemmo ciò cagionato dal terremoto, allorché vedemmo, usciti fuori, le strade tutte ingombrate da’ cementi delle case abbattute, & udimmo le strida de’ moribondi, e danneggiati mal vivi. Portatici poi la mattina a vedere, che cosa fosse de’ nostri animali, e ritrovata demolita affatto la volta superiore della stanza, fuorché il piccolo cantoncino d’un angolo della medesima, gli credemmo certamente sotto de’ sassi morti tutti, ed infranti; quando con nostro stupore li vedemmo, benché fussero molti in numero vivi tutti, e strettamente affollati starsene sotto quel poco di volta non ancora caduta; donde con non minor timore, che stento li tirammo fuori sopra le macerie; essendo stata da quelle ricoperta infino la porta; da tutto ciò si ravvisi essere più sollecita la carità d’Emidio in soccorrere a’ bisognosi suoi clienti, di quello sian essi, in invocarla.»
Intanto ad Arquata (situata una ventina di miglia a est di Norcia e dove il terremoto causò danni assai gravi e una quindicina di vittime) anche il maestro di scuola don Domenico Feliziani da Casaregnano (Roccafluvione, AP) sperimentava la protezione del patrono degli ascolani:
«dopo haver cenato, ed in procinto di ritirarmi in camera, sentito l’orribile scotimento del terremoto, fuggito dalla stanza ove stavo in un altra contigua, mancommi improvisamente sotto de’ piedi il solaio, e caduto perciò nella stanza inferiore appiggionata ad altra persona, mi vidi precipitare intorno, ed il tetto, e le mura, con sentirne sopra di me più volte battere i sassi. Fu cotanto allora il timor, che mi sorprese, che immobile non sapevo né pur pensar il modo, come potere da quella carcere liberarmi; quando me ne trovai fuori prodigiosamente, senza sapere per qual porta fossi io uscito; anzi rinfrancatomi poi dal timore, e fatta la mattina diligente osservazione in quella, per la quale dovei necessariamente uscire, la trovai fortemente serrata, e quei, che ne riteneva la chiave era già restato morto sotto le macerie della sua propria casa, ove fu poi ritrovato, perché più chiaramente spiccassero gli effetti portentosi della protezione del nostro santo tutelare [e] a Lui riferisco la grazia.»
N.B. Le deposizioni dei testimoni oculari sono una drammatizzazione, basata sulla trasposizione in prima persona dei resoconti in terza persona riportati dall’avvocato ascolano Tullio Lazzari in un opuscolo da lui pubblicato nel 1703.