Protettore contro i terremoti

Nel 1703 terribili terremoti colpirono l’Italia centrale: tra gennaio e febbraio una successione di fortissime scosse portò la devastazione in tutto il vasto territorio compreso tra Norcia, Amatrice e L’Aquila. I maggiori tra questi eventi sismici, verificatisi il 14 gennaio e il 2 febbraio, furono risentiti quasi dappertutto in Italia.
Quando la situazione fu tornata alla normalità, gli ascolani dovettero riconoscere che il loro santo patrono aveva svolto in modo egregio le sue mansioni di difensore della città e dei cittadini. Infatti in tutto quel trambusto gli edifici di Ascoli avevano subito danni piuttosto lievi. Inoltre diversi ascolani che (per ragioni personali o professionali) si trovavano nelle località più gravemente colpite o comunque in luoghi dove c’erano stati crolli di edifici, erano scampati – spesso fortunosamente – alla morte.
Come se non bastasse, c’era anche chi sosteneva che la protezione del patrono di Ascoli si fosse estesa anche a quei forestieri (leggi «cittadini di altre diocesi») che avevano cominciato a invocarne l’aiuto dopo aver notato come i loro conoscenti ascolani tendessero a cavarsela anche nelle situazioni sismicamente più pericolose.
Cominciò così pian piano a svilupparsi la consuetudine di invocare sant’Emidio come protettore contro il terremoto. Una devozione che – diversamente da quella che gli era tributata in qualità di patrono di Ascoli – non rimarrà racchiusa entro i confini della diocesi di Ascoli ma si diffonderà gradualmente in Italia e all’estero fino a raggiungere territori lontanissimi dalla città marchigiana.
Di pari passo con lo sviluppo del nuovo tipo di devozione, a partire dalla prima metà del Settecento, si affermerà anche un nuovo modo di raffigurare sant’Emidio nell’arte.