Sant’Emidio a Paràbita (LE)

Entrando dal portone principale della Chiesa Matrice di Paràbita  (Lecce), nella navata sinistra, presso il terzo altare, si intravvede una piccola tela che sovrasta la pala raffigurante il titolare dell’altare, sant’Oronzo.
La piccola tela è annerita dal tempo e difficile da osservare nei dettagli, vista anche la sua collocazione in alto e priva di una fonte di luce naturale: si capisce però che.raffigura un santo vescovo nell’atto di fermare il crollo di un edificio.
Nel corso degli anni sono state avanzate due ipotesi sul santo raffigurato: c’è chi pensa che si tratti di san Giusto o san Fortunato e chi ritiene che sia san Gregorio Armeno. La prima ipotesi fu, probabilmente, concepita in riferimento al santo titolare dell’altare: secondo la tradizione infatti Giusto era colui che consacrò sant’Oronzo come primo vescovo di Lecce e Fortunato era un nipote di sant’Oronzo.
La seconda ipotesi è stata avanzata pochi anni fa ed è, certamente, collegata all’intercessione del santo armeno durante il terremoto che sconvolse il Salento il 20 febbraio 1743. Queste due ipotesi, tuttavia, sono in contrasto con l’iconografia del personaggio raffigurato: infatti i santi Giusto e Fortunato non sono mai presentati nell’atto di sostenere un edificio pericolante. Quanto a san Gregorio Armeno, egli è comunemente rappresentato con la barba e rivestito di paramenti liturgici orientali mentre il santo vescovo del dipinto è imberbe e indossa paramenti legati al rito latino.

Questa particolare iconografia permette di concludere che ci troviamo di fronte ad una tela raffigurante sant’Emidio da Ascoli. L’immagine risulta infatti coincidente con una stampa conservata presso la Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno e con la quale può esser raffrontata specularmente. Questa stampa fa parte di una collezione di immagini commerciali prodotte dallo  stampatore romano Agapito Franzetti su disegno del pittore Luigi Agricola (1750 – 1821) e molto diffuse tra la seconda metà del Settecento e i primi dell’Ottocento.

Tuttavia, se la tela fosse stata realizzata in riferimento ad un evento sismico, il culto di Sant’Emidio a Parabita, risulterebbe alquanto anomalo. Il panorama religioso del tempo offriva, infatti, ben altri intercessori, legati al territorio in questione, primo fra tutti lo stesso san Gregorio Armeno. Questi è, ancora oggi, protettore della città e della diocesi di Nardò – Gallipoli e Paràbita faceva, appunto, parte dell’antica diocesi neretina, che è stata, in un secondo momento, accorpata a quella gallipolina. Un altro santo invocato era sant’Oronzo, il cui culto era ben radicato e forte a Paràbita già a partire dalla metà del Seicento, e che (come testimonia una tela conservata presso la Basilica di Santa Croce a Lecce) venne invocato come intercessore in occasione del terremoto del 1743.
Non esistono notizie dirette in merito alla tela, tuttavia le Visite Pastorali dal XVII al XIX secolo permettono di ricostruire le vicende dell’altare di sant’Oronzo presso cui è custodita.
Questo altare ( la cui presenza nella Chiesa Madre di Parabita è attestata dal 1659) fu restaurato nel 1775 per devozione di don Silvestro Martignano, sacerdote del Capitolo, che a sue spese fece eseguire i lavori.
C’è da chiedersi, pertanto, se la tela di Sant’Emidio non sia stata collocata sull’altare proprio in questo periodo e se la sua committenza non possa essere riconducibile al medesimo don Silvestro Martignano che potrebbe averla fatta realizzare per semplice devozione, per una grazia ricevuta, oppure perché proveniva da una località dove c’era una devozione per il santo di Ascoli. Non è neppure da escludere la possibilità che la committenza della tela possa essere attribuita a qualche famiglia del posto, anche se mancano prove al riguardo.
Nel corso del Novecento, la memoria legata alla tela sembra fosse già venuta meno, perché nessuno ricordava più chi fosse il santo vescovo raffigurato.
Occorre, comunque, menzionare che, non lontano da Parabita, a Gallipoli, vi è traccia del culto di sant’Emidio e sono ancora in corso delle verifiche per accertarne la presenza anche ad Alezio e Seclì. Parliamo di un’area ben circoscritta in cui questo culto sembra essere attecchito, se consideriamo che nel resto della provincia di Lecce non sono, al giorno d’oggi, segnalati altri casi e Paràbita resta, pertanto, l’unica a conservare una raffigurazione su tela del santo patrono di Ascoli.
Naturalmente, tutto ciò non vuole escludere ulteriori ipotesi di ricerca, successive ad altre ricerche documentarie o ad un restauro, di cui la tela avrebbe bisogno, che potrebbero definire il preciso periodo di realizzazione e l’autore.Sta
di fatto, comunque, che, dopo tanto tempo, Paràbita riscopre un santo che era stato dimenticato, ma che è una traccia preziosa della storia di questa città e delle sue realtà religiose.

Giuseppe Fai (gennaio 2018)

Bibliografia
Giuseppe Fai, Ipotesi di antichi culti a Parabita, in Progetto Parabita, NuovAlba, anno XVII – numero 2 – Dicembre 2017, Parabita.
Giuseppe Fai, La devozione Mariana nel Salento: il culto della Madonnna della Coltura a Parabita (XIV – XIX), 2017, Università del Salento, tesi di laurea.

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